UNA STORIA D’ACQUA..GHIACCIO ..FUOCO VATNAJOKULL
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Islanda 2002
La passione, lo sgomento e la felicità per quello che è definito wilderness, si percepisce dentro se stessi.
Sicuramente l’Islanda, terra incontaminata è il luogo ideale per provare tali sensazioni, dal ricordo fanciullesco e leggendario che stimola la mente e prende forma, azione, in quello che è chiamato: es-plorazione.
La traversata del Vatnajokull è stata programmata durante le fredde serate invernali trascorse davanti ad un buon bicchiere di birra.
Io e Adriano Lolli, abbiamo deciso di essere lì, nel bel mezzo del ghiacciaio più grande d’Europa (8300 Kmq).
Soli…..
Senza alcun aiuto esterno, per avere la possibilità di “perdersi”, ritrovando se stessi.
In quelle distese di ghiaccio, il ricordo di un filo d’erba sembra essere un pensiero prezioso e lontano, come in un sogno.
Il colore dominante è il bianco…..
Nella precedente avventura del 2000, avevamo fatto un primo tentativo di esplorare l’interno del ghiacciaio Vatnajokull, salendo per una nuova via sull’Oraefajokull 2119slm , la montagna più alta d’Islanda. (Airone Ott. 2001) . . .
Un mondo in apparenza sterile, gelido, ma nello stesso tempo bollente.
La spedizione “Orfeo”, oltre all’aspetto esplorativo alpinistico, si è aggiunto quello della ricerca scientifica, il prelievo di microrganismi acquatici in ambienti estremi, per conto dell’Università degli Studi dell’Aquila.
La ricerca scientifica è stata guidata dalla Dott. Diana Galassi, , la sua ricerca, ha messo in risalto il gran valore dello studio di tali organismi, in relazione all’ ecosistema mondiale .
Cercando la vita, dove gli elementi naturali sembrano volerla negare……
Partiamo, così arrivati a Keflavik, caricando la nostra jeep fino all’inverosimile, con sci, bob, viveri per 20 giorni e tutto il materiale alpinistico; ci dirigiamo verso i monti meridionali del grande ghiacciaio, alla ricerca della nostra “Euridice”.
Intanto piove.
Dopo aver oltrepassato Vik, la mole del Vatnajokull, domina nel vero senso della parola l’ambiente circostante, pinnacoli di basalto, fiumi vorticosi, sconfinate lingue glaciali con più di 10 km d’ampiezza e sulla riva del mare un’infinità di volatili.
L’orgoglio e la paura di “competere” con tali spazi selvaggi, sollecitava la nostra fantasia, conoscendo ben poco quelle enormi distese bianche.
Un mondo sterile, in apparenza, gelido, ventoso e nello stesso tempo bollente, con i suoi vulcani posti al di sotto del ghiacciaio.
Personalmente, con l’Islanda e il Vatnajokull, ho un rapporto legato ai tempi adolescenziali, quando fantasticavo leggendo le avventure esplorative del vichingo Erik il Rosso.
I primi esploratori di quelle terre a nord.
Pensavo, con un po’ d’invidia, a quegli uomini che per primi approdarono su questa terra incognita, così misteriosa per noi uomini moderni, figuriamoci per loro, che più di mille anni fa la visitarono.
Chissà quante emozioni provarono. Ormai perse per sempre. Gioia, paura, silenzi…
Nel mio intimo, mi sono immedesimato in quegli uomini….
Li immagino, distrutti dalla fatica del lungo viaggio, affamati, l’incognita del ritorno…e con un’immensa felicità che li ha avvolti in quella suprema “solitudine
Terra di ghiaccio: Iceland- Vatnajokull.
Guardando quelle imponenti lingue glaciali, provavo le stesse emozioni, infatti eravamo isolati e nessuno era a conoscenza della posizione del nostro itinerario alpinistico.
Arrivati alla morena del ghiacciaio Skalafeljokull (80 m slm), posizioniamo il nostro primo campo base e preleviamo il campione d’acqua glaciale per la ricerca scientifica dell’Università.
Piove ancora, alla temperatura di 4° C.
Il giorno seguente, ci arrampichiamo trascinandoci dietro slitta e attrezzatura varia, alla quota di 900 m slm.
Trainare la slitta è più faticoso di quanto avessi pensato, un peso statico, che ci crea problemi quando ci troviamo davanti agli enormi crepacci.
Nella zona centrale del Vatnajokull s’incontrano fratture lunghe km, con uno spessore di 800 m.; per progredire bisogna superarli saltando con leggerezza, tecnica e velocità, nei punti più stretti. Queste difficoltà insolite nei ghiacciai alpini, mi fanno scoprire una nuova dimensione dell’avventura, un mondo estraneo.
Secondo campo base a quota 1300 m slm.
Durante la notte la temperatura scende di molti gradi con l’aiuto di un forte vento da nord (dia. Bandiera), la temperatura scende a – 5° C.
Dormire era difficoltoso a causa del forte vento, ma finalmente ci liberava dalle nuvole e dalla nebbia (dia nulla)
.Il giorno seguente il sole splendeva alto nel cielo.
Colori, silenzi, interrotti da fruscii e urla dei venti, lì nel mezzo del Vatnajokull a circa 70 Km dalla costa e dalla strada carrozzabile. Non eravamo soli, la luce ci irradiava, proiettando le nostre ombre che ci facevano compagnia, animate da una propria individualità.
Non più schiave del nostro corpo, libere e indipendenti.(dia tenda)
Smontiamo nuovamente la tenda, il vento forte da nord non ci lascia mai, ci dirigiamo verso il Kverfioll.
Tornano i grossi ammassi nuvolosi.
I panorami mozzafiato scompaiono di nuovo….nel “nulla”.
Il vento da nord ci soffia in faccia per tutta la giornata, rallentando la progressione.
Percepiamo dei tremori provenienti dal ghiacciaio, lì dove tutto è pianeggiante.
Con sgomento pensiamo a ciò che è al di sotto di noi, ed è tremendamente pericoloso: i vulcani attivi sottostanti.(Jokullaup).
Dopo 8 ore di marcia montiamo la tenda, nevica, prepariamo un pasto caldo.
L’interno della tenda in quel momento era il paradiso sopra l’apocalisse.
I tremori continuano per tutta la corta notte islandese, pensiamo che nel 1998, ci fu l’ultimo Jokullaup (esplosione del vulcano sottostante il ghiacciaio).
Un inferno d’acqua bollente e ghiaccio.
I pensieri e un vento fortissimo, che darà non pochi problemi alla nostra tenda, ma passiamo comunque la notte.
Il giorno seguente, il tempo non migliora e siamo completamente immersi nella nebbia, il vento si placa e continua a nevicare.
Siamo in due, lì, ospiti di un mondo ostile per l’essere umano. Nel frattempo preleviamo altri campioni d’acqua e ghiaccio sperando di trovare qualche microrganismo per la Prof. Galassi.
La nostra mente ormai era uscita dagli schemi tradizionali del mondo “civilizzato”, erano i nostri istinti primordiali di sopravvivenza, che regolavano le nostre ore.
Il mondo dei ghiacci era diventata la nostra “casa”. Ci sembrava di essere vissuti da sempre in quei posti.(dia)
In lontananza avvistiamo il Kverfioll (1900 m slm) la nostra meta.
Sensazioni primordiali, che innalzano la percezione del sentirsi vivi, apprezzandone ogni piccola sfumatura.
“ Vedi, io vivo nel regno dei sogni; la montagna mi introduce nel regno della realtà. Di fronte alla vita e alla morte, si dimostra a se stessi la propria sincerità”. Gary Hamming
Davide Peluzzi
Ciao Davide. Sembra ieri che sono passato in quel posto insieme a Franco ed invece è trascorso già un anno, lui è sempre nei miei pensieri, ed ogni volta che ne sento il bisogno vado a parlarci, adesso non può rispondermi ma con tutte le cose che mi ha insegnato è come se lo facesse, continua a comprendermi e a prendermi in giro quando gli dico che dopo tutti questi anni di montagna ancora oggi mi viene il groppo in gola quando percorro certi sentieri, mi manca tanto, ma sono contento di poter pensare che mi ritenesse un suo amico. Hi, my friend.
RispondiEliminaNon sono mai andata in montagna con Franco, lui mi prendeva sempre in giro per la mia pigrizia, ma ci ha fatto vivere tutte le emozioni che provava, quando rientrava da una spedizione o anche da una semplice passeggiata domenicale. Si, perchè lui era così e riusciva a portare in Groenlandia o sulla cima del Gran Sasso anche una come me che non ama molto camminare ma che rimaneva affascinata dai suoi racconti e dalle sue emozioni. Franco la montagna la amava e sapeva farla amare. Quello che lui ha rappresentato per me e per tutta la mia famiglia, soprattutto per la sua piccola "befana" non si puo' scrivere anche perchè, forse egoisticamente, ognuno di noi ha paura che parlandone il ricordo delle tante cose vissute insieme possa sciuparsi. Davide, ti dico bravo perchè anche tu, come noi che siamo cresciuti con lui, continui a mantenere vivo il suo ricordo nelle persone che non hanno avuto la nostra fortuna di dividere tanti momenti con lui. Ma sono certa che dall'alto della sua vetta lui starà come al solito ridendo dei nostri sentimentalismi e si sarà già preparato per accoglierci quando un giorno lo incontreremo di nuovo!! Maria
RispondiEliminaVola, vola
RispondiEliminadonami un sorriso
e dimmi che tutto non è finito.
Vola, vola
dalle montagne sei partito
e sei arrivato fino in paradiso.
Vola, vola
dammi le mani
e insegna anche a me
volerò sempre con te
e non solo sulle montagne resterai.
Non ti dimenticherò mai!!
Vola , vola
sei la stella del mio cammino.
Il tuo ricordo sarà un pino sempreverde
sempre rigoglioso che valore non perde.
Il sapore dei tuoi sorrisi mi riempie di gioia
come le stelle riempiono la notte...
...E tu sei lì a goderti lo spettacolo dall'alto
e, ci metto la mano sul fuoco
a ridere di noi almeno un poco.
A Franco
Tania la tua befana